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23. Le tre geometrie

La formula dimostrata nel paragrafo 19 e le riflessioni su di essa sviluppate nel paragrafo 20 ci consentono di accennare ad una profonda questione che concerne la geometria degli spazi bidimensionali. Ci farà comodo ricorrere ancora una volta alla metafora di un mondo bidimensionale, popolato da creature bidimensionali. Tali esseri potrebbero scoprire quale tipo di geometria intrinseca ammetta il loro mondo facendo il semplice esperimento (intrinseco) che consiste nel misurare gli angoli di un triangolo (non troppo piccolo). Se scoprissero che la somma degli angoli è uguale a un angolo piatto potrebbero desumere che la loro geometria è euclidea (un modello per il loro mondo è il piano euclideo). Se invece scoprissero che la somma degli angoli è maggiore di un angolo piatto potrebbero desumere il carattere ellittico della loro geometria. C'è infine un terzo caso possibile, che la somma degli angoli sia minore di un angolo piatto: è il caso della geometria iperbolica. La figura seguente mostra tre spazi bidimensionali, cioè tre superfici, che ammettono le tre diverse geometrie; nel caso dell'ultima superficie, a forma di sella, si intuisce che la somma degli angoli del triangolo è minore di un angolo piatto (naturalmente i lati del triangolo sono archi geodetici).

C'è un modo molto semplice per costruire un modello di superficie a sella. Disegnate su un foglio di cartoncino un cerchio e ritagliatelo. Disegnate poi su un altro foglio un settore circolare con lo stesso raggio del cerchio e un'ampiezza, diciamo, di 60 gradi. Ritagliate anche il settore. Tagliate il cerchio lungo un suo raggio in modo che presenti una fessura. Inserite nella fessura il settore e fissatelo ai bordi della fessura con del nastro adesivo trasparente (è opportuno applicare del nastro anche sull'altra faccia della superficie). Naturalmente questa operazione di inserimento non è possibile se si rimane nel piano, stiamo pretendendo di inserire altri 60 gradi in un angolo giro; ma potremo farlo se lasceremo flettere la superficie nella terza dimensione. Otterrete così una superficie a sella (vedi figura a fianco).



La realizzazione di questo modello è molto istruttiva: vi siete resi conto che una sella invade più superficie di quanta possa stare nel piano. Se provate a schiacciare una sella sul piano, ad esempio con un libro, vi renderete conto che si formano delle pieghe, delle sovrapposizioni (vedi figura a fianco). Questa proprietà caratterizza le superfici a geometria iperbolica.

Una proprietà opposta caratterizza la superficie sferica (come sappiamo, a geometria ellittica); se provate a schiacciare una semisfera nel piano non si creeranno delle sovrapposizioni ma delle lacerazioni, delle fessure. Potete fare l'esperimento svuotando accuratamente mezza arancia e schiacciando la buccia emisferica con un libro. La sfera, al contrario della sella, ha meno superficie di quanta ne serva per schiacciarla nel piano. Nella figura a fianco una palla di gomma è stata tagliata a metà; poi si è cercato di distendere la superficie nel piano suddividendola in un certo numero di regioni (semifusi): si creano necessariamente delle fessure.

Provate ora a realizzare questo esperimento. Tracciate su una superficie a sella un triangolo incollando delle striscioline di cartoncino come vedete nella figura a fianco (le striscioline aderiscono alla superficie lungo linee geodetiche, verificatelo su una sfera). Poi misurate con un goniometro, anche approssimativamente, gli angoli. Vi renderete conto che la loro somma è minore di 180°.

Nel paragrafo 5, come ricorderete, abbiamo esaminato la dimostrazione euclidea del teorema sulla somma degli angoli di un triangolo. Ora il fatto che su una superficie a sella la somma degli angoli di un triangolo risulti minore di 180° ci spinge a pensare che le proprietà delle rette parallele utilizzate in quella dimostrazione debbano cadere (in particolare l'unicità della parallela). In effetti le cose stanno proprio così. Osservate la figura seguente in cui vedete la stessa sella fotografata da due punti di vista: per il punto P esterno alla retta (geodetica) r passano infinite rette che non incontrano r e che dunque sono "parallele" ad r (tutte le rette per P comprese tra s e t).

Esistono dunque tre possibili geometrie per uno spazio bidimensionale: la geometria euclidea o geometria degli spazi a curvatura zero, la geometria ellittica o geometria degli spazi a curvatura positiva, la geometria iperbolica o geometria degli spazi a curvatura negativa. Bisogna precisare, però, che ci stiamo riferendo a spazi omogenei, a spazi cioè la cui geometria locale è la stessa in tutti i punti.

Per capire meglio come stanno le cose dobbiamo accennare, sul piano intuitivo e senza pretese di rigore, a cosa si debba intendere per curvatura in un punto di una superficie. Ce ne occuperemo nel prossimo paragrafo.